San Gennaro

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San Gennaro

La città di Napoli è sempre stata molto legata alla sue tradizioni religiose e soprattutto ai suoi Santi. Gennaro è il patrono della città, insieme ad altri 51 santi (numero record), fermo restando che col passare del tempo risulta essere quello più amato dall’intera città e chiamato confidenzialmente dal popolo “faccia gialla o ‘ngiallut” (poiché il busto portato in processione per le strade di Napoli è d’oro, e dunque giallo).

Gennaro, discendente della famiglia gentilizia Gens Januaria sacra al bifronte dio Giano, è nato a Benevento o Napoli nel 271 e morto il 19 settembre 305. Dunque “Ianuario” trasformato dai campani in “Gennaro” dovrebbe essere il cognome e non il nome.

La storia lo presenta come vescovo di Benevento, nel periodo delle persecuzioni cristiane ad opera di Diocleziano; il vescovo Gennaro un giorno si recò insieme a Desiderio e al diacono Festo nell’antica città di Miseno per dare conforto al giovane diacono Sossio imprigionato perché cristiano, e in quell’occasione vennero arrestati per lo stesso reato. Dopo aver rifiutato di sconfessare il loro credo cristiano vennero condannati a morte e decapitati presso la Solfatara, dove oggi si erge la chiesetta di San Gennaro.

Le ossa di San Gennaro, dopo molte vicissitudini furono traslate dall’Abbazia di Montevergine e portate nel Duomo di Napoli dove sono ancora oggi custodite insieme a due antichissime ampolle contenenti il presunto sangue del santo raccolto da una donna pia di nome Eusebia subito dopo il martirio. Queste ampolle vengono esposte alla venerazione dei fedeli non solo il 19 settembre (giorno della festa di San Gennaro) ma anche il sabato precedente la prima domenica di maggio ed il 16 dicembre. In tutti e tre i giorni si può assistere al fenomeno della liquefazione, attestata per la prima volta nel 1389 come fatto già noto e considerato dalla pietà popolare un miracolo.

In occasione del 19 settembre, molto siti e musei statali resteranno aperti al pubblico gratuitamente, per festeggiare il santo patrono:

  • Castel Sant’Elmo

  • Museo del Novecento

  • Complesso dei Girolamini

  • Certosa e Museo di San Martino

  • Palazzo Reale

  • Palazzo Zevallos di Stigliano

  • Museo Archeologico Nazionale

  • Museo della Ceramica Duca di Martina – Villa Floridiana

  • Museo Diego d’Aragona Pignatelli Cortes e Museo delle Carrozze

  • Parco e Tomba di Virgilio

Infine citando Erri De Luca: “[…] A Napoli il sentimento del sacro è scaturito dal sottosuolo, non è disceso da cielo. Non si è ispirato sulle terrazze di notte contemplando comete, eclissi, costellazioni, ma fiutando il gas dei campi ardenti, flegrei, ascoltando il ringhio della terra scossa, guardando la discesa a fiumi del fuoco viscerale del vulcano. Il sacro di questo Sud affiora in superficie come la Solfatara che sfiata zolfo verde. Questo hanno imparato le generazioni che hanno visto piovere la cenere, che l’hanno scopata dai tetti, dai balconi e l’hanno gettata a mare. Qui il sacro è sacro non perché fa svaporare incenso sugli altari, ma perché cuoce lentamente come il ragù. “Peppea” è il verbo del dialetto che imita i piccoli sobbalzi del coperchio sul sugo. Il sacro qui “peppea”[…] In cima a tutti i santi c’è lui, santo Gennaro del sangue. Se Napoli è una “città dei sangui” […] lo si deve a lui. Se Napoli ha diritto a qualche temibile rango, è per la sua religione raggrumata ch più volte all’anno deve prodursi nell’oplà miracoloso dello squagliamento: santo sangue che si commuove come una cioccolata sotto un cielo di strilli di donne in una chiesa, si allenta sotto il loro sudore d’acquaragia, unico solvente adatto al miracolo. Lui, santo Gennaro del sangue, detto nella stenografia del dialetto sono “sangennà”, lui è la fertilità del sacro in mezzo al golfo, il mestruo del cielo che deve scorrere e dare potenza alle donne, al suolo, al mare, al sugo rosso di pomodori e pesci di cui è fatta la zuppa del nostro stesso sangue […]”

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