Il consiglio dei ministri, su proposta del ministro per i beni e le attività culturali e per il turismo, Dario Franceschini ha approvato la direttiva che istituisce per il 25 marzo la giornata nazionale dedicata a Dante Alighieri.
“Ogni anno, il 25 marzo, data che gli studiosi riconoscono come inizio del viaggio nell’aldilà della Divina Commedia, si celebrerà il Dantedì.
Una giornata per ricordare in tutta Italia e nel mondo il genio di Dante con moltissime iniziative che vedranno un forte coinvolgimento delle scuole, degli studenti e delle istituzioni culturali. A un anno dalle celebrazioni dei 700 anni dalla morte di Dante – ha aggiunto Franceschini – sono già tanti i progetti al vaglio del Comitato per le celebrazioni presieduto dal prof. Carlo Ossola. Dante – ha concluso Franceschini – ricorda molte cose che ci tengono insieme: Dante è l’unità del Paese, Dante è la lingua italiana, Dante è l’idea stessa di Italia”.
Quando è stato istituito il #DanteDi, purtroppo non si poteva immaginare la situazione attuale, di restrizioni e di isolamento, ma non volgiamo comunque celebrarlo ricordando i versi che chiudono la cantica de “l’Inferno” dalla caduta di Lucifero, all’uscita dall’Inferno, con la frase celeberrima (quasi come l’incipit dell’opera) “E quindi uscimmo a riveder le stelle”… che sia di buon auspicio a questo periodo di reclusione legale ai domiciliari (giusto e doveroso per il rispetto e la salute di tutti)… E Come disse Virgilio alla fine del viaggio… GRAZIE DANTE!
E se’ or sotto l’emisperio giunto
ch’è contraposto a quel che la gran secca
coverchia, e sotto ’l cui colmo consunto
fu l’uom che nacque e visse sanza pecca:
tu hai i piedi in su picciola spera
che l’altra faccia fa de la Giudecca.
Qui è da man, quando di là è sera;
e questi, che ne fé scala col pelo,
fitto è ancora sì come prim’era.
Da questa parte cadde giù dal cielo;
e la terra, che pria di qua si sporse,
per paura di lui fé del mar velo,
e venne a l’emisperio nostro; e forse
per fuggir lui lasciò qui loco vòto
quella ch’appar di qua, e sù ricorse».
Luogo è là giù da Belzebù remoto
tanto quanto la tomba si distende,
che non per vista, ma per suono è noto
d’un ruscelletto che quivi discende
per la buca d’un sasso, ch’elli ha roso,
col corso ch’elli avvolge, e poco pende.
Lo duca e io per quel cammino ascoso
intrammo a ritornar nel chiaro mondo;
e sanza cura aver d’alcun riposo,
salimmo sù, el primo e io secondo,
tanto ch’i’ vidi de le cose belle
che porta ’l ciel, per un pertugio tondo.
E quindi uscimmo a riveder le stelle.
Dante, Divina Commedia, Canto XXXIV Inferno versi 112-139
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