L’accademia svedese o Svenska Academien in lingua originale, rappresenta una delle accademie reali più importanti di Svezia. Nata nel 1786 per volontà del re Gustavo terzo, sovrano del paese scandinavo sino al 1792, dal 1901 è incaricata di decidere il vincitore del Premio Nobel per la Letteratura.
L’ambito riconoscimento attrae su di sé gli sguardi e i giudizi del mondo, pronto nelle settimane successive all’assegnazione a dividersi, quasi per inerzia, tra chi sostiene, per i motivi più dipanati, il vincitore, e chi invece non facendone mistero avrebbe virato decisamente altrove. Quando poi le scelte dell’accademia sono, come quest’anno, così “ originali “, il dibattito che si innesca assume toni più intensi. Alla proclamazione di Bob Dylan quale premio Nobel per la letteratura 2016 in quanto capace secondo la commissione di : “ Aver creato nuove espressioni poetiche all’interno della grande tradizione della canzone americana “, molti “ puristi “ sono implosi, altri dissidenti hanno invece puntato il dito nei confronti di un premio spesso tacciato come pilotato, che mira alla conservazione di determinati equilibri, altri ancora hanno gradito l’idea comunque distante dal solito canovaccio, stridente con un mondo oramai da tempo così dinamico, dove forme d’espressione differenti s’incontrano generando nuovi stili di comunicazione, dove bianco e nero persistono, ma accompagnati da miriadi di sfumature, apprezzando anche il personaggio scelto per rappresentare questa visione I vincitori sono destinati a dividere, sempre e comunque, Bob Dylan poi… l’ha sempre fatto, ma d’altronde è insito nella natura di ogni uomo trovare l’appoggio di alcuni e l’ostilità di altri. L’artista nato come Robert Allen Zimmerman il 24 Maggio 1941 in quel di Duluth, città degli Stati Uniti e capoluogo della contea di St. Louis nello stato di Minnesota, è stato ribattezzato menestrello, figura che in epoca feudale era molto diffusa soprattutto in Francia, Inghilterra e Sicilia il cui compito concerneva nell’intrattenimento della corte, e mai soprannome gli fu più calzante di questo. Lui menestrello moderno o contemporaneo, idolo di tante e tante folle nonostante e grazie alle sue sfaccettature, che un po’ divertito ora imbarazza e tiene in bilico l’Accademia, che riporta alla mente Sartre, padre dell’esistenzialismo, e Pasternak illustre poeta russo celebre per il suo romanzo Il Dottor Zivago, i quali per ragioni alquanto differenti* rifiutarono il premio, dissolvendosi per settimane senza lasciare alcuna traccia, per poi ricomparire, d’improvviso, per volontà personale e non mediante condizionamento, ed affermare senza indugio che il Nobel è un premio importante e quindi lo andrà a ritirare… se potrà. Oltre che menestrello pure un po’ malandrino insomma.
Ripercorriamo insieme la sua storia.
Dopo aver vissuto a Duluth sino ai sette anni, Dylan passò il resto dell’infanzia nella vicina Hebbing, città zeppa di minerali a Ovest del Lago Superiore. Nella sua giovinezza le radio passano blues e country, poco dopo anche il rock and roll, suo primo compagno di viaggi. Nel 1959 si trasferisce a Minneapolis iscrivendosi all’università di Minnesota, è in questo periodo che l’interesse per il rock scema a favore del genere folk, tanto da fargli vendere la sua chitarra elettrica per comprarne una acustica, una Gibson. Bob trova nella musica popolare e folklorica meno effetto ma più profondità, e il suo idolo diviene Woody Guthrie ( il cui nome esteso è Woodrow Wilson, in quanto il padre era grande estimatore del Presidente statunitense) che incontrerà nell’ospedale in cui quest’ultimo venne ricoverato nel 1961. Guthrie è stato un folk singer dalle doti incredibili, anche se riusciva, visto la sua enorme versatilità, a spaziare tra molteplici generi, fu precursore della canzone di protesta, riferimento per Dylan nella pubblicazione dei suoi primi due album aventi, in misura maggiore il secondo, The Freewheelin’ Bob Dylan, una chiara connotazione “ politica “. Quest’ultimo lavoro lo portò al centro del mondo. Gli anni ’60 negli Stati Uniti rappresentano il periodo in cui le voci della popolazione oltrepassano i confini nazionali. Gruppi eterogenei di persone scendono in strada per rivendicare parità di condizioni e possibilità di decidere sui propri destini. Dylan si fa portavoce, nei suoi testi e non solo, di queste istanze. The Freewhellin’ Bob Dylan è un album che segna una linea di demarcazione tra il prima e il dopo di lui, perchè esplora sentieri magari intravisti, ma mai percorsi. In Oxford Town Dylan pone come soggetto colui che soggetto non era mai stato, raccontando la storia di James Meredith, primo studente nero iscrittosi all’università del Mississippi, e poi nell’ormai eterna Blowin’ in the Wind prova a scuotere le coscienze contaminate degli uomini. La risposta a tutti gli interrogativi, primo su tutti:
“ Quante strade deve
Percorrere un uomo
Prima che tu possa definirlo
Un uomo? “
“ Soffia nel vento ” dice, intendendo, a il mio parere, come siano le direzioni che l’uomo decide di intraprendere l’ago della bilancia principale che segna il destino del mondo.
Blowin in the wind… è la porta d’ingresso alla canzone impegnata.
Nel 1963 Dylan partecipa e canta alla marcia su Washington in cui si consumerà il celebre discorso di Marthin Luther King e sempre nel medesimo anno pubblicherà quello che verrà definito il suo album più politico e cinico, The Times They are a-changin dove si menziona l’assassinio dell’attivista per i diritti civili Medgar Evers. Nei due anni successivi il suo personaggio si modifica, il cantautore folk che scrive testi di denuncia lascia spazio ad una vera rock star, evoluzione questa che alcuni non perdoneranno perché percepita come un tradimento.
Una voce registrata sempre presente nei suoi ultimi Tour, ripercorre le tappe della sua carriera sottolineando i suoi mutamenti , Dylan promessa della controcultura negli anni ’60, “ Sparito nella nebbia dell’abuso di sostanze “ nel decennio successivo, che “ Emerse per trovare Gesù, cancellato come una gloria dimenticata a fine anni ’80, e che improvvisamente ha liberato dagli ingranaggi un po’ della musica più forte della sua carriera agli inizi degli anni ’90 “, periodo questo in cui racconta e riflette, a più riprese, su storie d’amore amaro. L’ultimo viaggio, per ora, lo porta a pubblicare l’ album Fallen Angels dove, per non farsi mancare nulla, si diletta a reinterpretare canzoni di Sinatra…
Dicembre è ancora lontano ma tutti già si chiedono se il menestrello, a cui il premio è stato assegnato il 13 Ottobre**, avrà tempo o sarà… fin troppo impegnato…
*Jean Paul Charles Aymard Sartre nel 1964 scrisse una lettera, giunta poi tardi all’accademia nella quale scriveva: “ Non desidero comparire nella lista dei possibili candidati e non posso né voglio né nel 64 né dopo accettare queste onorificenza ”. Nel 1958 Boris Pasternak fu costretto a non accettare il riconoscimento, anche se a malincuore, perchè condizionato dall’ordine mondiale vigente (contesto della Guerra Fredda) e dai suoi equilibri.
** Nello stesso giorno in cui L’accademia svedese proclama vincitore Dylan, si spegne Dario Fo. Lui definito giullare, figura non molto distante dal menestrello, anch’egli vincitore del Nobel per la letteratura nel 1997, non senza le solite discussioni, e che qualche anno indietro aveva profetizzato la vittoria di Bob.
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